Blog post del 27/09/2012
Parole chiave:
design / hacking / open source / start-up / Sugru / Product / fai da te / DIY
"If digital stuff can be manipulated then people are going to expect it from physical products as well."
Jane ní Dhulchaointigh
Vi vogliamo raccontare la bellissima storia della tenace designer Jane ní Dhulchaointigh fondatrice dell’azienda Sugru (donna dal cognome impronunciabile perché irlandese). Un progetto lungo e tortuoso che però è andato a buon fine, sia perché Jane è stata molto brava a gestire il passaggio da progetto a prodotto, sia perché vivendo in Inghilterra le opportunità di start-up sembrano essere veramente alla portata; decisamente un altro pianeta rispetto all’Italia.
Questo racconto è anche un’occasione per parlavi di hacking fisico che è quell’atto ispirazione alla fonte di questo progetto, una pratica abbastanza comune che spesso le persone fanno in autonomia costruendo e riparando oggetti. Il punto è che il “fai da te” o DIY nel campo del design sta diventando una modalità di progettazione sempre più apprezzata. Il mondo dell’assemblare, mixare, ibridare attraverso un azione di hacking è passato da una esclusiva appartenenza elettronica legata al computer ai prodotti reali. Figlia di un’esigenza legata a doppia mandata alla crisi economica/climatica/sociale del nostro tempo, si è decisamente spostato al mondo fisico dichiarandosi attraverso diverse forme di consumo.
sugru.com/about
Sugru è una parola di derivazione gaelica “sugradh” e vuol dire play (giocare, manipolare, modellare). Mentre Jane sperimentava all’università vari incroci di materiali per un progetto al corso di Product Design alla Royal College of Art le venne un’idea che è alla base della filosofia di Sugru e che riassume così: “non volevo comprare ogni volta cose nuove, ma mi sarebbe piaciuto riparare/cambiare/modificare/rimodellare (to hack) cose esistenti che già avevo e che avrebbero potuto tornarmi utili”.